giovedì 31 marzo 2011

Psicologia e Scuola

Tra scuola e psicologia si può identificare un legame caratterizzato dalla complessità.


Uno degli attori principali di tale legame è, appunto, lo Psicologo Scolastico.

La figura professionale dello Psicologo "nella", "della" e "per la scuola" si può comprendere solo attraverso un excursus storico delle trasformazioni nei rapporti tra scuola e psicologia. 
Negli anni '50 l'intervento psicologico viene richiesto all'interno di un'ottica clinica e socio-assistenzialistica; difatti, viene richiesto un intervento "psicologico" che avviene nella scuola o per la scuola relativamente alle cosi dette classi differenziali.

Negli anni 60 troviamo un ampliamento dello scenario di azione della psicologia scolastica: da un lato si è di fronte ad una espansione degli studi inerenti l'orientamento scolastico e professionale; dall'altro si pone l'attenzione verso la misurazione dell'intelligenza e l'elaborazione di test al fine di poter giungere ad una valutazione scolastica. Lo psicologo, quindi, si occupa prevalentemente della misurazione dell'intelligenza, del temperamento e della personalità.

Negli anni '70 si assiste ad un superamento dell'ottica clinico-individualistica. Si prediligono interventi relativi alla ricerca di risorse presenti nel contesto scolastico. L'intervento, infatti, si esplica solitamente nelle classi attraverso un'"Equipe socio - psico - pedagogica" che ha svariati compiti: sviluppo, orientamento ed analisi di problematiche cognitive, affettive e relazionali degli alunni. 

Infine negli anni '80 e '90 cresce sempre di più la domanda da parte del sistema scolastico di servizi qualificati e finalizzati a trattare la complessità dei problemi interni e la loro connessione con i contesti sociali e culturali. Lo psicologo, quindi, agisce come "Professionista" che garantisce servizi e soluzioni efficaci per le esigenze della scuola e di chi vi lavora rilevando la specificità delle domande ed offrendo interventi ad hoc.

Attualmente lo Psicologo Scolastico rappresenta un valore aggiunto per l'Istituzione Scolastica, in quanto rappresenta una figura professionale esperto di una disciplina, la "Psicologia Scolastica", specifica sia per oggetto di studio-intervento sia per strumentario concettuale ed operativo.

Egli opera con diversi funzione e vari utenti.

Tra le funzioni, essenziali sono:
  1. informazione rivolta agli studenti su tematiche inerenti lo sviluppo psicologico nell'età evolutiva
  2. rapporto individuale con ogni allievo per il sostegno alla formazione della sua persona
  3. consulenza ed informazione rivolte agli insegnanti sugli aspetti psicologici relativi alla fascia di età dei loro alunni
  4. consulenza psicologica rivolta alle famiglie per lo sviluppo dei figli ed il rapporto genitori - figli.

Concluderei sottolineando l'importanza della figura dello Psicologo nel contesto scolastico, ritenuto da sempre contesto elettivo per la formazione didattica e personale dell'individuo, ed auspicando ad una sempre maggiore collaborazione tra "Scuola & Psicologia".

mercoledì 30 marzo 2011

Disturbi dell'alimentazione.


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lunedì 28 marzo 2011

Qualche sito utile - Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso all'infanzia

Al seguente link:




Vi è il sito del Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l'Abuso all'infanzia.

Il CISMAI identifica linee guida per la presa in carico di casi di violenza e maltrattamento verso i minori. Promuove, inoltre, la collaborazione tra i molteplici servizi che operano nel campo della prevenzione e del trattamento nei casi di maltrattamento ed abuso all'infanzia.

Il coordinamento opera per il riconoscimento delle forme più gravi di violenza, spesso negate, tra cui: abusi sessauli, violenza fisica, psicologica ed assistita.

Sul presente sito internet sono presenti risorse utili, news ed informazioni relative a norme, convegni e formazione.

Buona navigazione!

venerdì 25 marzo 2011

Notizie - Lo stress, anche lieve, danneggia gravemente la salute

Posto un articolo interessante tratto da LaStampa.it sezione benessere:


Lo stress, anche di lieve entità ma continuo, a lungo andare può essere causa di seri problemi di salute. Foto: ©photoxpress.com/Pavel Losevsk

Soffrire di stress, anche di lieve entità, a lungo andare può procurare seri danni alla salute. Lo studio

Anche se poco, lo stress, come un rubinetto che gocciola lento ma che col passare del tempo consuma litri e litri d’acqua, può arrecare seri danni alla salute – in particolare quella mentale.

Ecco quanto emerge inquietante da un nuovo studio pubblicato nella versione online del Journal of Epidemiology and Community Health. Inquietante perché, chi più chi meno, chi non è stressato?
Ma procediamo per gradi e andiamo a scoprire cosa hanno da dire gli scienziati dei prestigiosi Università di Bristol (Uk) e Karolinska Institute (Svezia).

I ricercatori in questione hanno condotto questo studio coinvolgendo oltre 17mila persone, di età compresa tra i 18 e i 64 anni. Secondo quanto riferiscono di aver scoperto, una persona che soffra di stress continuo, anche lieve, ha più del doppio di possibilità di sviluppare una condizione psichiatrica.

Le supposizioni dei ricercatori si basano anzitutto sui dati relativi agli assegni corrisposti per disabilità psico-fisiche che sono aumentati del 70% nel numero delle richieste. Durante il periodo di studio, difatti, circa 650 dei soggetti ha iniziato a ricevere l’assegno di disabilità. Di questi, 200 per problemi psichici e i restanti per problemi fisici.
A motivo di ciò, si ritiene che vi sia un incremento costante di casi di persone ritenute inabili al lavoro a causa di fattori stressanti che incidono sulla salute al punto tale da influire sia sul corpo che la mente in modo grave.

«Un’afflizione psicologia lieve può essere associata con la disabilità a lungo termine più di quanto riconosciuto in precedenza e la sua importanza per la salute pubblica può essere stata sottovalutata», concludono i ricercatori.
In sostanza, come accennato all’inizio, se siamo sempre sotto pressione prima o poi scoppiamo e la deflagrazione coinvolge tutto il nostro essere. Il problema è che siamo sempre sotto pressione, in un modo o nell’altro… e, allora, che si fa? Forse la soluzione e provare a vedere il mondo da un’altra prospettiva e prendere la vita con più leggerezza - E chissà che la vita non si adegui e ci tratti con più dolcezza.
[lm&sdp]

giovedì 24 marzo 2011

Apprendimento Cooperativo: Quali vantaggi?

L’utilizzo dell’apprendimento cooperativo può portare numerosi vantaggi all’interno del contesto classe:  



  • Vantaggi di tipo cognitivo relativamente a situazioni in cui gli studenti sono posti di fronte a situazioni complesse, dove solo tramite il contributo di ciascun partecipante si può giungere ad una adeguata soluzione.
  •  Vantaggi di tipo motivazionale in quanto gli studenti sperimentando un clima relazionale positivo possono sentirsi maggiormente liberi ed attori responsabili del proprio benessere, dove quest’ultimo sia legato al soddisfacimento di bisogni di autonomia, relazione e competenza. Inoltre importantissimi sono i vantaggi derivanti dalla cooperazione relativamente alla crescita del soggetto in relazione con il gruppo.
  • Vantaggi di tipo relazionale derivanti dall’esperienza di confronto con gli altri membri del gruppo e dell’unire le risorse per risolvere problemi complessi.


I suddetti vantaggi derivano dall'utilizzo di tecniche e metodologie specifiche. Tra queste molto importante a mio parere è il "Learning togheter".

Il learning togheter, letteralmente traducibile come imparare insieme, fu elaborato da Johnson e Johnson. 

Questo consisteva nel suddividere la classe in piccoli gruppi dopo aver individuato un obiettivo comune. Ciascun gruppo utilizzava un foglio dove annotava gli elementi principali da inserire nel tema centrale. Quando i vari gruppi avevano completato il lavoro leggevano agli altri gruppi il proprio operato di modo da poter giungere ad una massima condivisione con gli altri e promuovendo quindi sia collaborazione intergruppo che la collaborazione intragruppi.

martedì 22 marzo 2011

Settimana del Benessere Psicologico in Puglia

L'Ordine degli Psicologi della Regione Puglia promuove la "Settimana del Benessere Psicologico" dal 4 Aprile 2011 al 10 Aprile 2011.


Vi saranno numerose iniziative aventi tutte come obiettivi primario la promozione del concetto di salute, così come definita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui: la salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non la semplice assenza di malattia.

La Settimana del Benessere Psicologico si propone i seguenti obiettivi:


Informare la cittadinanza circa le competenze e le aree di intervento dello Psicologo
Facilitare l’incontro tra professionisti del settore e cittadini interessati a conoscere e 
approfondire aspetti e tematiche connesse al benessere psicologico
Promuovere il benessere psicologico della persona, dei gruppi, della comunità 
attraverso interventi di consulenza psicologica e azioni di sensibilizzazione ed 
informazione su contenuti di interesse specifico

A tal fine dal 4 all'11 Aprile è prevista l’apertura alla cittadinanza degli Studi Professionali per consultazioni e consulenze gratuite; si potrà usufruire di interventi psicologici gratuiti da parte dei Centri Clinici delle Scuole di Specializzazione in Psicoterapia; vi saranno inoltre numerosi convegni e seminari di informazione e sensibilizzazione sui vari ambiti di applicazione della Psicologia.


Per un programma dettagliato della settimana si consiglia il seguente link:


lunedì 21 marzo 2011

Qualche sito utile: Associazione Italiana Dislessia

Nel variegato panorama di internet mi farebbe piacere indicare qualche utile sito.

Al seguente link:




Vi è il sito dell'Associazione Italiana Dislessia, costituita allo scopo di sensibilizzare il mondo scolastico sul problema della dislessia evolutiva, di promuovere la ricerca e la formazione e di offrire agli utenti un punto di vista qualificato.

AIDItalia non offre solo supporto ed informazioni sulla dislessia, ma segnala anche software didattici gratuiti per le famiglie e per la scuola.

Nel sito sono presenti guide informative, manuali, materiali da scaricare e link utili.

Allora....buona navigazione!

venerdì 18 marzo 2011

Notizie - Sei in ufficio? Tieni il muso. I sorrisi finti rovinano l'umore.


Posto una notizia molto interessante tratta da Repubblica.it



Il sorriso di circostanza diretto a colleghi o a clienti può portare all'esaurimento emotivo di chi è costretto a esibirlo. Lo dimostra una ricerca americana. "E nelle donne è anche peggio"di SARA FICOCELLI

IL SORRISO di circostanza, tanto di moda negli ambienti professionali, è deprimente. Le persone che sorridono forzatamente si rovinano l'umore e questo stato riduce la loro concentrazione sul lavoro e quindi la loro produttività. E' quanto sostiene uno studio pubblicato sul numero di febbraio dell'Academy of Management Journal da un gruppo di psicologici della Michigan State University. Che lancia una larvata provocazione: se si vuol rendere il massimo sul posto di lavoro più spontaneità e meno sorrisi posticci. E se il prezzo da pagare è quello di venire bollati come musoni pazienza, il sistema nervoso ringrazierà.

La ricerca condotta dallo psicologo Brent Scott dimostra infatti che il finto sorriso diretto a colleghi o a clienti può portare all'esaurimento emotivo di chi è costretto a esibirlo. In particolare, Scott ha studiato le reazioni psicologiche di un campione di autisti di autobus, obbligati per contratto a interagire sorridendo con i passeggeri, notato anche che lo sforzo di proiettare un buon umore non sentito risulta più oneroso e deprimente per le donne che per gli uomini.

Ma è davvero così elementare il rapporto di causa-effetto tra emozioni ed espressioni facciali? La professoressa Raffaella Rumiati, docente di Neuroscienze Cognitive alla SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste), spiega che esistono due tipi di emozioni, quelle primarie (o fondamentali) che sono paura, rabbia, sorpresa, tristezza, disgusto e gioia, e quelle complesse (o sociali), ovvero compassione, imbarazzo, vergogna, colpa, orgoglio, invidia, gratitudine, indignazione e disprezzo. Un modo semplice per studiarle è proprio quello di osservare le espressioni facciali degli individui. "L'emozione - spiega la Rumiati - è la risposta complessa di un organismo a un dato stimolo. Il nostro cervello, come quello di altri animali, è predisposto a reagire agli input emozionali con un determinato repertorio di azioni: alla vista di un serpente trasaliamo, alla vista di un cibo chiaramente avariato ci disgustiamo, e così via". Una risposta emotiva comporta dunque una modificazione interna dell'organismo (ad esempio il battito cardiaco) o di una caratteristica esterna, come appunto l'espressione facciale o l'intonazione della voce. "Nel caso delle emozioni fondamentali - continua la neuroscienziata - si tratta di risposte inevitabili, automatiche. Tuttavia, avendo accumulato negli anni una certa dimestichezza con le emozioni (cominciamo da piccoli a sorridere, spaventarci), col tempo riusciamo a fingere di provarle. Ma mostrare un'espressione felice non significa esserlo davvero, perché naturalmente mancano i correlati fisiologici interni". E' dunque possibile, precisa l'esperta, che lo sforzo che si compie per adottare un'espressione finta eroda risorse cognitive e provochi una sostanziale riduzione dell'attenzione.

E le donne, secondo la ricerca americana, sarebbero le più vulnerabili. L'articolo evidenzia infatti una differenza di genere: l'umore femminile risente di più di questa falsificazione rispetto a quello dei maschi e questo potrebbe spiegare perché le donne sono più rinunciatarie sul lavoro. "Secondo il dottor Scott - conclude la Rumiati - le donne sorridono di più degli uomini non perché più felici ma perché pensano che da loro ci si aspetti una maggiore reattività emotiva. Sono scettica a proposito di queste differenze. Probabilmente le donne ricomprono posizioni meno prestigiose e sicure. La diversità dipende non dal sesso ma dallo status". 
 
(02 marzo 2011)
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giovedì 17 marzo 2011

Apprendimento Cooperativo o lezioni frontali?

La metodologia dell'Apprendimento Cooperativo mostra sostanziali differenze rispetto alle lezioni tradizionali, sia rispetto al ruolo degli insegnanti che rispetto al ruolo degli alunni.

L’insegnante assume un ruolo completamente diverso da quello intrattenuto nelle lezioni frontali, in quanto egli non rappresenta più il solo ed unico detentore delle conoscenze, ma al contrario ha una funzione essenzialmente di monitoraggio o meglio di scaffolding. 

Con il termine scaffolding, che tradotto letteralmente significa “impalcatura”, ci si riferisce ad una funzione di sostegno delle attività intraprese da parte degli studenti tramite la somministrazione di materiale e/o di “linee guida” per l’implementazione delle attività. 


Analizzando il ruolo degli studenti, si può sottolineare come essenzialmente sia un ruolo “attivo” che consente una maggiore autonomia e sperimentazione delle proprie abilità. 

Conseguentemente al differente ruolo di insegnate ed alunni si rileva un cambiamento anche nel setting. L'organizzazione della classe, quindi, dovrà adattarsi a cambiamenti: tra questi ricordiamo la disposizione di banchi uniti in tre o quattro per favorire la suddivisione dei gruppi e la presenza dell’insegnante che giri tra i vari banchi e quindi tra i vari gruppi per offrire il proprio sostegno.

Infine un ulteriore elemento che differenzia l’apprendimento cooperativo dal semplice compito di gruppo durante la lezione frontale, consiste proprio nella valutazione: difatti alla fine delle varie attività viene richiesta una valutazione sia all’insegnante sia agli alunni stessi, intesa come autovalutazione del proprio operato e delle proprie capacità di collaborare insieme per raggiungere uno scopo comune.


mercoledì 16 marzo 2011

Che rapporto abbiamo con il cibo?

Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un cambiamento radicale nelle abitudini alimentari.

Sino alla prima metà del ‘900 il rapporto con il cibo era caratterizzato dal bisogno, dalla necessità e dalle limitazioni. 

Attualmente, invece, anche a causa del migliore tenore di vita, la nostra alimentazione è caratterizzata da copiosità, ma il più delle volte anche da sregolatezza.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità diritti fondamentali dell’umanità sono da ritenersi una alimentazione adeguata e la salute, tra loro comunque fortemente interconnessi.

Attualmente, soprattutto le giovani generazioni mangiano abbondantemente, tuttavia in maniera sregolata, e fanno poca attività fisica.

Solo qualche anno è trascorso dall’allarme lanciato dall’OMS nell’ European Health report 2002, il rapporto sulla salute in Europa nell'anno 2002, dove l’obesità appariva come “la malattia dell’Europa”
Cito ciò che veniva sottolineato:

In molti Paesi europei - si legge - più della metà della popolazione adulta si trova al di sopra della soglia di “sovrappeso” e circa il 20-30% degli individui adulti rientra nella categoria degli obesi (“clinically obese”). L’obesità infantile è in continuo aumento e, in molti Paesi europei, un bambino su cinque è affetto da obesità o sovrappeso. Un preoccupante dato di fatto è rappresentato dalla persistenza dell’obesità infantile nell’età adulta, con conseguente aumento dei rischi per la salute. Un altro aspetto del problema è quello delle ripercussioni psicologiche: infatti, l’obesità infantile comporta spesso una diminuzione dell’auto-stima e persino sindromi depressive”.

In Italia, moltissimi bambini non hanno una corretta alimentazione, sono sovrappeso ed a volte sfiorano l’obesità. Tra il 1999-2000 bambini ed adolescenti in sovrappeso raggiungono percentuali molto elevate: 20% in sovrappeso e 4% vera e propria obesità.



Alla luce di questi dati emerge sicuramente con urgenza la necessità di promuovere stili di vita maggiormente salutari.

Il miglioramento dello stato di nutrizione passa sicuramente attraverso azioni diversificate ma sinergiche, tra cui: la promozione di adeguate abitudini alimentari, l’eliminazione di comportamenti alimentari inadeguati, un efficiente utilizzo delle risorse alimentari.

Un’alimentazione, inadeguata e sregolata, può portare con sé conseguenze molto negative sia per la salute fisica che per quella psichica. Le più comuni: obesità, ipertensione, diabete mellito, neoplasie,…

Una adeguata educazione alla sana alimentazione può avere anche la funzione di prevenzione di determinati disturbi del comportamento alimentare di origine psicologica, quali: anoressia nervosa, bulimia, obesità iperfagica.

martedì 15 marzo 2011

Notizie - La coppia durerà? Dipende da come parli.

Posto un articolo interessante tratto da "Corrieredellasera.it" sezione "Salute".



Studio dell'università del Texas: uno stile di linguaggio simile predice una buona relazione fra due persone

MILANO - Chi si somiglia si piglia, dice il proverbio. Ebbene, pare che una coppia che funzioni debba assomigliarsi soprattutto nel modo in cui i due partner parlano e scelgono le parole: se il linguaggio è simile, è molto probabile che la relazione abbia un futuro, secondo gli studi di un gruppo di ricercatori dell'università del Texas pubblicati su Psychological Science.
STILE - La compatibilità di coppia, stando ai risultati, non dipende solo dall'avere valori comuni o personalità simili: pure il modo di parlare conta. Nello specifico lo stile di linguaggio, ovvero come utilizziamo le cosiddette "parole-funzione": non sono i nomi o i verbi, ma tutte le parole che impieghiamo per correlarli come le congiunzioni, gli articoli, i pronomi (un, il, qualcosa, suo e così via). «Le parole funzionali sono "sociali", perché sono quelle che più imprimono lo stile ai nostri scritti o alle nostre conversazioni; quindi, usarle richiede abilità sociali - spiega James Pennebaker, il coordinatore della ricerca -. Per esempio, se parlo con un interlocutore dell'articolo che sta per essere pubblicato e dopo qualche minuto faccio riferimento a "l'articolo", utilizzando l'articolo determinativo, io e lui capiremo di che cosa si tratta, un terzo che non fosse stato parte della nostra conversazione non comprenderebbe ciò di cui si parla». Nel suo studio Pennebaker si è concentrato sul modo di usare le parole funzionali di una serie di volontari, tutti studenti del college.
TEST - Il primo test consisteva in uno "speed-date" fra coppie di studenti: si tratta di un modo per conoscere velocemente un bel po' di aspiranti partner e diversi locali ne organizzano, senza propositi scientifici come in questo caso. In pratica, un ragazzo e una ragazza sconosciuti si parlano per qualche minuto (nel test degli psicologi quattro minuti) e, se fra loro scatta una "scintilla", possono decidere di rivedersi. L'occhiuto Pennebaker intanto registrava ogni incontro, ogni dialogo (che tra l'altro, nota lo psicologo, ricalcava sempre le stesse domande: da dove vieni, ti piace il college e via elencando). Ognuna di quelle conversazioni a un orecchio inesperto sarebbe parsa assolutamente identica alle altre; Pennebaker però le ha fatte analizzare al computer, tramite un programma da lui messo a punto per trovare le "sincronie" del linguaggio, ovvero le similarità nell'uso delle parole funzionali. Ebbene, i ragazzi che avevano un "punteggio di analogia del linguaggio" superiore alla media decidevano di incontrarsi di nuovo 4 volte più spesso rispetto a chi non parlava con stili linguistici simili. Risultato simile a quello di un secondo test, fatto analizzando i dialoghi nelle chat su internet: le coppie con linguaggi simili si frequentavano ancora dopo tre mesi dall'analisi nell'80 per cento dei casi, quelle meno "compatibili" verbalmente solo in un caso su due.
COMPUTER - «Ciò che diciamo gli uni agli altri è importante, ma lo è anche il modo in cui lo diciamo - osserva Pennebaker -. Non possiamo decidere razionalmente il nostro stile di linguaggio: viene fuori così, è "nostro". Ed è un ottimo "rilevatore" del nostro grado di compatibilità con il prossimo». Chiunque può fare il test di compatibilità linguistica messo a punto dallo psicologo americano: sul sito www.utpsyc.org/synch si può sottoporre un dialogo fra due persone e il programma computerizzato di Pennebaker dirà il punteggio di analogia del linguaggio (più alto è, maggiore è l'affinità nella coppia). Non è necessario che si tratti di una coppia amorosa, il test può essere fatto per capire il nostro grado di compatibilità con chiunque: basta copiare messaggi email che ci si è scambiati, messaggi di chat o anche testi diversi, purché contengano almeno 50 parole e siano simili come tipologia (non ha molto senso confrontare un sms con una lettera d'amore, per dire). Poi si inserisce qualche informazione in più: il tipo di testo inserito, la natura della relazione fra le due persone (sconosciuti, partner, amici, colleghi), la loro età. A questo punto pensa a tutto il computer, che in pochi secondi dà il suo verdetto; l'unico guaio, per il momento, è che il test "funziona" bene se i testi sono scritti in inglese. E quando arriva il risultato, in ogni caso, c'è scritto a chiare lettere: «Si tratta di un test sperimentale: non prendere troppo sul serio i risultati di questo test». Come dire, non piangete lacrime amare se lo stile linguistico del partner non è simile al vostro: non è detto che solo per questo la coppia scoppi.
Elena Meli
10 febbraio 2011(ultima modifica: 15 febbraio 2011)

lunedì 14 marzo 2011

Notizie - Disturbo ossessivo-compulsivo, L'appello della Onlus "Fuori dalla Rete"

Posto un articolo molto interessante da: http://www.aipsimed.org/






"Quelle piccole manie quotidiane che tradiscono l'ansia del domani". Appello dell'associazione «Fuori dalla rete»: "servono fondi per la ricerca". Intervista all'esperta prof.ssa Laura Bellodi direttrice del centro disturbi d'ansia del San Raffaele
(di Nicola Palma, Il Giorno) 

MILANO. Piccoli gesti ripetuti all'infinito. Gesti rituali per esorcizzare la paura del futuro. O semplicemente per farsi forza in una situazione di difficoltà. «È la necessità di avere tutto sotto controllo. Sempre e in ogni occasione». Molti medici tendono a minimizzarne gli effetti, chi ne è affetto fatica a riconoscersi «malato». Sì, perché di patologia si tratta. E ha anche un nome: disturbo ossessivo compulsivo. Difficile parlare di casistica e di «manie» più diffuse, visto che, racconta chi le ha vissute sulla propria pelle, «ce ne sono tante quanti sono i pazienti». Per capirne di più, è nata un paio d'anni fa «Fuori dalla rete», una onlus che mira a raccogliere fondi per la ricerca, sensibilizzare l'opinione pubblica e fornire assistenza diretta. «Serve un approccio diverso all'argomento - sostiene l'avvocato Mimosa Viglietti, vicepresidente dell'associazione -. La gente deve capire che i disturbi mentali sono importanti tanto quanto quelli fisici». L'obiettivo è quello di portare a termine una sorta di «rivoluzione culturale» e diventare un punto di riferimento riconoscibile. INFATTI, capita non di rado che le famiglie dei pazienti non riescano a trovare referenti qualificati: «Ad oggi - argomenta Laura Bellodi, direttrice del centro disturbi d'ansia del San Raffaele e numero uno del comitato scientifico - gli strumenti disponibili per la diagnosi tempestiva e l'attuazione delle necessarie strategie terapeutiche sono insufficienti per il 30% dei pazienti». Eppure, l'incidenza è molto più elevata rispetto ad altre patologie ben più conosciute e studiate: «Stiamo parlando dell'1% della popolazione - continua Bellodi -. E la percentuale si riferisce solo ai casi clinici».
Sono i soggetti «costretti dalla malattia a mettere in atto azioni esagerate o assurde». Azioni talvolta banalizzate o sminuite dalle rivelazioni divertite di qualche personaggio famoso, che confessa col sorriso di lavare le mani decine di volte al giorno, senza un motivo valido. Quella, però, è solo la punta di un iceberg ben più consistente, fatto di comportamenti che «ti impediscono di intrattenere serenamente qualsiasi relazione in ambito affettivo o lavorativo». Insomma, ti rovinano la vita. «Le cure esistono - chiosa la dottoressa Bellodi - e portano anche a risultati apprezzabili». Tuttavia, il primo passaggio, quello fondamentale, riguarda la presa di coscienza da parte del paziente: «Inevitabile provare vergogna - dice ancora Mimosa Viglietti -. D'altro canto, se non se ne parla con nessuno è difficile che il problema venga fuori». Discorso diverso per i disturbi del comportamento alimentare: in questo caso, i riflettori si sono accesi da anni, in particolare su anoressia e bulimia, «anche perché i segni sono ben visibili sul corpo di chi ne è affetto». E GLI ALTRI? Devono farsi forza, magari con il sostegno di parenti e amici, e chiedere aiuto a una struttura specializzata. Scopriranno di avere «aree cerebrali iperfunzionanti», in particolare la corteccia orbito-frontale, il giro del cingolo e il corpo striato. E che i loro disturbi, in molti casi scatenati da situazioni di particolare stress, hanno comunque «una matrice ereditaria». Una volta individuata la patologia, si passa alle cure, su due livelli differenti: «Innanzitutto - continua Bellodi - farmaci per riequilibrare il funzionamento dei circuiti elettrici». E «terapie psicologiche di tipo cognitivo-comportamentali». Di questo si parlerà stasera a Palazzo Visconti: gli animatori di «Fuori dalla rete» hanno organizzato un incontro sui disturbi ossessivo compulsivi, durante il quale gli interventi dei medici saranno inframezzate dai racconti dei pazienti. «La cosa fondamentale è uscire allo scoperto e accettare la propria condizione - conclude Viglietti -. La nostra associazione è ancora agli inizi ma possiamo contare sull'esperienza della statunitense Ocd Foudation, che è riuscita a finanziare importanti progetti di ricerca: ci riusciremo anche noi».
Il Giorno, Ed. Milano

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domenica 13 marzo 2011

L'attacco di panico.

Stress, ansia, umore depresso ed attacchi di panico sembrano essere diventati oramai fenomeni molto frequenti nella nostra realtà.

Ma che cosa è l’attacco di panico?

E come si manifesta?


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sabato 12 marzo 2011

Notizie - Roma capitale del panico. Uno su quattro ha attacchi.

Posto una notizia molto interessante tratta da Repubblica.it.

Questa notizia vorrebbe essere uno spunto di riflessione per il valore dell'ausilio psicologico nella vita quotidiana e per il livello di benessere esperito oggi da un gran numero di persone.


I sintomi: palpitazioni, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, nausea, paura di impazzire o di morire. Secondo uno studio Swg in collaborazione con l'Istituto di neuroscienze globale, il problema riguarda il 44% degli abitanti dell'Urbe, una cifra superiore alla media nazionale. Tra le cause: stress, scarsa attività fisica, pigrizia, predisposizione genetica


Circa un romano su quattro tra i 18 e i 60 anni soffre di attacchi di panico. Le più colpite risultano le donne, laureate e di età compresa tra i 25 e i 54 anni. 


Secondo un sondaggio effettuato dalla Swg di Trieste in collaborazione con l'Istituto di neuroscienze globale (Isneg), sono oltre 350mila (il 23%) gli abitanti della capitale che soffrono di questo disturbo "a livello cronico", spiega il direttore dell'Isneg Rosario Sorrentino, "mentre altri 300mila, il 21%, soffrono di attacchi sporadici. Una percentuale elevatissima se si considera la diffusione della patologia anche in fase adoloscenziale e tra gli over 65". 



L'indagine è stata presentata stamani in Campidoglio dal presidente della commissione Sicurezza del Comune, Fabrizio Santori, e dallo stesso professor Sorrentino che ha parlato di "Roma città del panico, perché nella capitale l'incidenza degli attacchi, soprattutto occasionali, è superiore alla media nazionale. Tra le cause ci sono stress, scarsa attività fisica, pigrizia, predisposizione genetica".



Palpitazioni, sudorazione, tremori, sensazione di soffocamento, nausea, paura di impazzire, o di morire, sono alcuni dei sintomi tipici dell'attacco di panico, "i cui effetti", aggiunge Rosario Sorrentino, "possono essere amplificati dall'interazione con l'ambiente urbano". L'aspetto più importante è "evitare la cronicizzazione: affidarsi a veri esperti ed evitare il fai da te, adottare una cura medico-farmacologica sin dal primo presentarsi del disturbo, evitare invece lunghe terapie psicanalitiche che favoriscono la cronicizzazione stessa". Il presidente Santori ha parlato di "dati allarmanti, in particolare riguardo alle donne che sono le più colpite da questo distubo".

(03 marzo 2011)
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Si deve pur decidere! Il Decision Making.




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lunedì 7 marzo 2011

NOTIZIE - Stalking, ne è vittima una persona su 5 E il fenomeno è in costante aumento

Posto un articolo interessante tratto da Repubblica.it



Si è conclusa una settimana di confronti dedicata alla prevenzione del fenomeno, organizzata dall'Osservatorio nazionale e dal sindacato di polizia Coisp, con incontri nelle scuole e nei luoghi di lavoro. Non esiste un profilo tipico dello stalker, è un fenomeno trasversale che riguarda operai, impiegati, liberi professionisti: li accomuna solo una forte personalità manipolatrice

di EMANUELA STELLA
ROMA - Essere perseguitati da un bombardamento assillante di telefonate, sms, e-mail a ogni ora del giorno e della notte, sentirsi intrappolati per i pedinamenti e gli inseguimenti messi ossessivamente in atto da qualcuno, fino a temere per la propria incolumità. E' lo stalking, un comportamento che in Italia è perseguibile penalmente, con condanne che possono arrivare a quattro anni di carcere (sono sufficienti due episodi perché il reato si configuri) e che si manifesta con una frequenza sempre più allarmante, come testimoniano recenti e drammatici fatti di cronaca. 

Una settimana di studi. Si è appena conclusa la prima settimana dedicata alla prevenzione dello stalking organizzata dall'Osservatorio nazionale stalking 1in collaborazione con il sindacato di polizia Coisp 2, che ha organizzato convegni e incontri in tutta Italia, nelle scuole e nei luoghi di lavoro. "Valutiamo che un italiano su cinque sia rimasto vittima di questo comportamento - dichiara Massimo Lattanzi, presidente dell'Osservatorio. - Non esiste un profilo tipico dellostalker, si tratta di un fenomeno trasversale che riguarda l'operaio come l'impiegato o il libero professionista: quello che li accomuna è una personalità fortemente manipolatrice".

Per l'80% le vittime sono donne. Anche se aumentano le richieste di aiuto da parte degli uomini. La vittima quasi sempre conosce l'autore della persecuzione: lo stalker è per lo più il partner o l'ex, ma spesso un collega o un vicino di casa, e in alcuni casi un familiare. I suoi comportamenti molesti inducono  nella vittima limitazione della libertà personale, ansia, perdita del sonno, talvolta possono spingerla persino  a tentare il suicidio. Lo stalker non è in grado di rispettare il confine "tu-io", è un manipolatore spesso inconsapevole che idealizza e al tempo stesso sminuisce l'altro. Può presentarsi come un introverso con tratti ossessivi, ipocondriaci e istrionici; è sempre qualcuno in cui un rifiuto innesca uno tsunami emotivo in grado di scatenare conseguenze molto pericolose.

Il numero verde 1522. Contro lo stalking il ministero delle Pari Opportunità ha istituito il numero verde nazionale 1522, attivo 24 ore su 24, che offre assistenza psicologica e giuridica indirizzando presso gli sportelli allestiti nelle questure. Un'intesa tra questo ministero e quello della Difesa ha permesso la costituzione di un nucleo di Carabinieri anti stalking, con compiti di monitoraggio del fenomeno. 
La fondazione Doppia Difesa 3, creata dall'avvocato Giulia Bongiorno e da Michelle Hunziker (essa stessa vittima di stalking), offre consigli legali e sostegno psicologico, e dà l'opportunità di  raccontare la propria storia. 

La risocializzazione. Ma al di là della denuncia e della repressione del reato, è opportuno prevedere un percorso di risocializzazione, unica forma di prevenzione concreta, perché il 90 per cento di coloro che praticano lo stalking hanno un buon contatto con la realtà, e non sono affetti da una psicopatologia grave: "Quella che entra in gioco è una visione fondamentalmente narcisistica di sé, che rende più sensibili a un rifiuto, ad una separazione vissuta come abbandono", - spiega. "Il nostro è un centro specializzato che da quattro anni propone questo percorso: dal 2002 abbiamo ricevuto oltre 33mila richieste di aiuto da parte di vittime e 500 da presunti autori". Nel 40 per cento dei casi gli stalker sono recidivi, nel 30 per cento seriali: tra coloro che ricorrono all'Osservatorio, quasi la metà delle vittime chiedono un aiuto per i persecutori. 

Ma c'è anche il gashlighting. L'osservatorio si accinge a presentare una proposta di disegno di legge su un altro fenomeno, la violenza psicologica da parte di familiari (gashlighting), che mira a distruggere la personalità della vittima arrivando a farla dubitare della propria sanità mentale. Di questo si è parlato nel recente convegno di Roma, nel corso del quale è stata illustrata l'attività dell'Osservatorio sicurezza, il primo centro in Italia dedicato ad accompagnare i singoli e le coppie nel difficile percorso della separazione e della genitorialità, creato dall'Aipc 4 (Associazione italiana di psicologia e criminologia) in collaborazione con la Commissione consiliare speciale politiche per la sicurezza urbana e il Coisp, in un'ottica di prevenzione di quei crimini, che sempre più spesso hanno come teatro l'ambiente familiare.  Dai dati forniti si rileva come nel 70% dei casi il tipo di violenza messa in atto in ambito familiare sia di tipo psicologico, e nel 67% dei casi venga perpetrata dai padri. Ma il dato più allarmante è che nella totalità dei casi la violenza psicologica non è denunciata, pur arrecando danni non meno gravi di quella fisica. 

 
(02 marzo 2011)

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