La paura: una intensa emozione derivata da una percezione di pericolo reale
o supposto.
Essa, utile per la nostra sopravvivenza, insorge ogni qual volta si
presenta una possibile minaccia alla nostra integrità.
Sebbene sia accompagnata da innumerevoli comportamenti ed indici
psicofisiologici, ognuno di noi reagisce diversamente di fronte ad essa.
Alcuni dinanzi ad un pericolo scappano, fuggono; altri, invece, si
immobilizzano.
Ma perché di fronte ad una stessa emozione proviamo comportamenti così
diversi?
Per rispondere a tale quesito è utile sottolineare il ruolo chiave svolto
dall'ossitocina.
L’ossitocina è un ormone peptdico prodotto dai nuclei ipotalamici e secreto
dalla ipofisi. Esso svolge un ruolo cruciale durante il parto, nello sviluppo
delle comportamenti sociale e nel controllo dell’ansia.
In seguito a degli studi condotti da ricercatori svizzera sui ratti per comprendere se le reazioni alla paura potessero variare solo in intensità o anche nella loro tipologia, si è scoperto quanto segue.
I ricercatori hanno visto che specifici gruppi di neuroni nell'amigdala
controllano ciascuno una specifica componente della reazione dell'animale di
fronte ad uno stimolo che lo spaventa, in particolare la tendenza
all'immobilizzazione o l'aumento della frequenza cardiaca. E hanno osservato
come l'ossitocina sia in grado di diminuire la reazione di paralisi, senza
influenzare la frequenza cardiaca.
Iniettando ossitocina, in pratica, l'animale tende a immobilizzarsi molto meno. Si comporta esteriormente come se non avesse paura, ma se si esaminano le sue reazioni fisiologiche, si vede invece che il suo cuore batte velocemente, classico sintomo dello spavento. Quindi è' possibile, tramite l'ormone, influire su una determinata componente, lasciando inalterate le altre, come, appunto la frequenza cardiaca.
Quindi, quale la differenza tra i “leoni”, che dinanzi ad un pericolo aggrediscono, e le “pecore” che invece rimangono immobilizzate?
Iniettando ossitocina, in pratica, l'animale tende a immobilizzarsi molto meno. Si comporta esteriormente come se non avesse paura, ma se si esaminano le sue reazioni fisiologiche, si vede invece che il suo cuore batte velocemente, classico sintomo dello spavento. Quindi è' possibile, tramite l'ormone, influire su una determinata componente, lasciando inalterate le altre, come, appunto la frequenza cardiaca.
Quindi, quale la differenza tra i “leoni”, che dinanzi ad un pericolo aggrediscono, e le “pecore” che invece rimangono immobilizzate?
La differenza potrebbe essere dunque
a livello dei recettori dell'ossitocina, che, se sono più attivati, rendono più
coraggiosi.
I risultati della ricerca condotta in Svizzera potrebbero
aprire prospettive interessanti a livello clinico per i disturbi di ansia, gli
attacchi di panico o i disordini post-traumatici, portando a sviluppare farmaci
più mirati, che potrebbero "agire sul comportamento, lasciando intatto il
'sentimento' di pericolo.
Per ulteriori approfondimenti si consiglia il seguente link:
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