venerdì 29 aprile 2011

Notizie - Salute: rischio alcol e fumo più alto per adolescenti che navigano nel web


Posto un articolo tratto da: http://salute24.ilsole24ore.com/

Se gli adolescenti trascorrono piu' di 4,5 ore al girono davanti al pc connessi a internet corrono un rischio piu' alto del 50% di incorrere in comportamenti rischiosi come fumo di sigaretta e di marijuana, consumo di alcol e di sostanze stupefacenti, sesso non protetto e mancato uso delle cinture di sicurezza. E' quanto emerge da uno studio canadese della Queen's University di Kingston, in Ontario, e pubblicato sul Journal of Preventative Medicine, secondo cui la responsabilita' sarebbe della mancata censura nel web: ''Gli adolescenti trascorrono davanti al pc in media oltre 4,5 ore ogni giorno, e sono quindi costantemente a contatto con rappresentazioni di comportamenti a rischio - spiega la ricercatrice -. Televisione e videogiochi hanno protocolli di censura definiti, mentre internet no. I genitori possono controllare e limitare l'accesso a internet, ma i figli adolescenti di solito sono piu' esperti di tecnologia, ed e' possibile che questi tipi di controlli non siano efficaci nel bloccare i siti web indesiderati''.

mercoledì 27 aprile 2011

Notizie - Troppi ricordi "ingolfano" il cervello. Ecco perchè la memoria perde colpi.


Posto un articolo interessante tratto da larepubblica.it


Uno studio realizzato da un team dell'università di Montreal sostiene che l'eccesso di traffico rallenta i ragionamenti e favorisce le amnesie. Il consiglio (di difficile attuazione): sgombrare la mente dai "carichi" superflui. L'età in cui la testa lavora meglio è a 23 anni

ROMA - E' meglio rinunciare a ricordare il superfluo e concentrarsi solo sulle cose necessarie. Pur difficile da mettere in pratica, questo stratagemma rappresenta, secondo i ricercatori canadesi della Concordia University di Montreal, uno dei pochi modi per evitare di perdere colpi, scongiurare le amnesie e rendere più fluidi i ragionamenti.

La tesi è lo sbocco di uno studio pubblicato sulla rivistaQuarterly journal of experimental psychology 1 e secondo il quale, più che un rallentamento della funzione cognitiva, come accade ad esempio negli anziani, a confondere i pensieri può essere l'eccessivo traffico e ingombro di cose da ricordare nella zona del cervello che custodisce la memoria.

I ricercatori hanno analizzato un campione di 60 persone: la metà aveva una media di 23 anni, l'altra parte del gruppo di 67. Ad ogni partecipante è stato chiesto di eseguire alcuni esercizi per valutare la capacità memoria e dei test psicologici. Nella prima parte dell'esperimento i volontari hanno letto una specie di copione fatto di frasi dalle quali bisognava estrarre un significato logico. Al termine del test, dovevano ricordare anche l'ultima parola di ogni periodo. Nella seconda parte dello studio veniva mostrata una foto con otto animali. I partecipanti dovevano memorizzare l'ordine in cui erano apparsi.

Il gruppo composto di anziani ha faticato a memorizzare le informazioni "fresche". Secondo i ricercatori questo accade non solo per un deficit legato all'invecchiamento o alla perdita di neuroni, quanto per una difficoltà a neutralizzare le informazioni irrilevanti. 

"Abbiamo constatato che gli anziani hanno più difficoltà a sbarazzarsi delle informazioni precedenti", spiega Mervin Blair, coordinatore della ricerca, che ha testato sui due gruppi il meccanismo che può mandare in tilt logica e riflessione. Se l'età in cui la mente è più libera e lavora meglio è 23 anni, rileva il ricercatore, dopo i 67 anni il peso dei ricordi è insomma una zavorra di cui è difficile fare a meno. Consigli per evitare "rallentamenti"? "Ridurre l'ingombro dei pensieri rilassandosi con esercizi per pulire la mente", spiega Blair. Ma anche apprendere un'altra lingua o imparare a suonare uno strumento musicale aiutano a tenere il cervello più giovane.
(22 aprile 2011)


domenica 24 aprile 2011

Buona Pasqua!

Un augurio sincero di Buona Pasqua a tutti voi!


mercoledì 20 aprile 2011

Notizie - Omeopatia, dentista e psicologo. Tutti i rimborsi per i deputati.


Posto un articolo interessante DI ALBERTO CUSTODERO tratto da REPUBBLICA.IT


Tolto il segreto sui costi dell'assistenza integrativa dei deputati e dei loro familiari. Nel 2010 spesi oltre 10 milioni di euro. Ma non tutto è ancora pubblico
di ALBERTO CUSTODERO

ROMA - Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza privata finanziata da Montecitorio. Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i conviventi more uxorio.


Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10 milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese odontoiatriche. Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.

Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e 138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila euro di ticket. 

A rendere pubblici questi dati sono stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza denominata Parlamento WikiLeaks. I deputati di Pannella chiedono i dati delle consulenze e degli appalti e contratti vari, e poi li pubblicano online "perché solo così - spiega l'onorevole Rita Bernardini - i conti della Camera sono sottoposti al controllo dell'opinione pubblica. In caso contrario alla Camera si sentono liberi di fare qualsiasi cosa perché tanto non c'è nessuno che li controlla".

Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati, tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini - quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura (ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non accessibili? Cosa c'è da nascondere? 

Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire le informazioni secondo le modalità richieste". 

Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo - spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini italiani. Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di 25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce perché questa 'mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola gestire direttamente dai Questori". "Secondo noi - aggiunge - basterebbe semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività dieci milioni di euro all'anno".
(11 aprile 2011)


venerdì 15 aprile 2011

Notizie - Viaggi, regali, piccoli piaceri. Lo shopping che da felicità.

Posto una notizia interessante redatta da GIULIA BELARDELLI tratta da Repubblica.it



"Un team di ricercatori internazionali ha spiegato quali sono i segreti per acquistare nel segno del benessere. Più spazio alle esperienze e agli altri, al bando la fretta e i beni di lusso. Otto regole per non pentirsi (quasi) mai
di GIULIA BELARDELLI

"Il denaro che si possiede è strumento di libertà; quello che si insegue è strumento di schiavitù": così diceva, nelle "Confessioni", Jean-Jacques Rousseau e questo avevano capito, nell'Inferno dantesco, i prodighi e gli avari costretti alle pene del quarto cerchio. Letteratura a parte, il dilemma tra spendere e risparmiare e se i soldi facciano o meno la felicità sono stati al centro dell'attenzione di psicologi e sociologi, con montagne di carta e, talvolta, qualche banalità. Oggi, tra disoccupazione e precariato, c'è poco da andare per il sottile e stare a sentire storie di miliardari depressi non è certo di grande consolazione. Detto questo, alcuni piccoli trucchi per essere più sereni con quello che si ha ci sono, con i conseguenti vantaggi sia per il cervello che per il fegato. L'ultima guida allo "spendere sano" è in arrivo sul Journal of Consumer Psychology: otto regole per acquistare stando bene e trasformare i soldi in (vero) benessere. Il segreto? Puntare sulle esperienze piuttosto che sui beni materiali, pensando un po' anche agli altri.

1) Prima le esperienze, poi le cose. Secondo la guida, realizzata congiuntamente da studiosi della University of British Columbia, della Harvard University e della University of Virginia, il primo punto consiste nel privilegiare l'acquisto di esperienze piuttosto che di beni materiali. "La ragione  -  spiega da Vancouver Elizabeth W. Dunn  -  
è molto semplice: tendiamo ad abituarci alle cose molto più velocemente di quando accada per le esperienze". Secondo la ricercatrice  -  esperta in "miraggi" come felicità, auto-conoscenza e previsioni affettive - l'acquisto di esperienze come un viaggio o un corso di cucina dà benefici molto più duraturi rispetto, ad esempio, a un parquet in legno di ciliegio o a una pregiata bottiglia di Barolo. A riprova della sua tesi ci sono i numeri: su un campione di oltre 1.000 americani, quasi il 60% ha ammesso di aver tratto più piacere da una cosa "vissuta" piuttosto che "posseduta". "Con i cosiddetti acquisti esperienziali scatta il meccanismo della rivisitazione mentale", prosegue Dunn. "Torniamo più spesso con la mente a un concerto o a un'escursione piuttosto che a un paio di scarpe. D'altronde, le esperienze sono intimamente connesse alle nostre identità e al tempo che passiamo con gli altri, che alla fine sono la nostra più grande fonte di gioia".

2) Pensare agli altri, piuttosto che a se stessi. Non a caso, il secondo punto è dedicato proprio alle spese che facciamo per gli altri, sia in senso di regali a persone care che di beneficenza. Secondo Daniel T. Gilbert, psicologo di Harvard e autore dello studio insieme a Dunn e Timothy D. Wilson, la qualità delle nostre relazioni ha un ruolo fondamentale nel determinare il nostro grado di benessere. Una ricerca condotta nel 2008 proprio da Dunn e colleghi mostra come le spese pro-sociali (regali e donazioni) siano legate a un maggiore livello di soddisfazione e felicità. Il fenomeno  -  sostengono gli studiosi - trova riscontro anche a livello neuronale. In un altro studio, infatti, alcuni partecipanti sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale: dall'esame è emerso che la decisione di donare dei soldi a una banca del cibo locale era accompagnata dall'attivazione dei neuroni in parti del cervello tipicamente associate alla gratificazione e al ricevimento di un premio o un riconoscimento. "Per quanto banale possa sembrare, siamo gli esseri più sociali del nostro pianeta: solo altri tre animali ci fanno concorrenza  -  le termiti, gli insetti eusociali e le talpe senza pelo. Forse il vero problema è che non siamo in grado di ammettere quanto, in realtà, la nostra felicità dipenda dagli altri", suggeriscono gli studiosi.

3) Meglio i piccoli piaceri dei "colpi di testa". Per non rischiare di far somigliare troppo la loro guida al manuale del buon samaritano, Dunn e colleghi ammettono l'importanza di concedersi, di tanto in tanto, un lusso. Il consiglio, tuttavia, è di non puntare sui grandi acquisti, quanto piuttosto su piccole spese frequenti, capaci di regalarci qualcosa di diverso ogni volta. "La tendenza ad abituarsi alle cose è un po' come la morte", sentenziano gli studiosi. "La temiamo, la combattiamo, a volte riusciamo a posticiparla, ma alla fine perdiamo sempre. Lo stesso vale per l'abitudine: se inevitabilmente tendiamo ad assuefarci ai lussi più grandi che si possono comprare con i soldi, tanto vale optare per una varietà di piccoli piaceri capaci di ripagarci con la loro frequenza". Evitando i "colpi grossi", inoltre, si è meno soggetti al fenomeno noto come "diminuzione dell'utilità marginale", in base al quale  -  spiega ancora Dunn - "mangiare dodici biscotti non dà due volte più piacere rispetto a mangiarne sei". "In termini tecnici  -  prosegue la ricercatrice  -  potremmo dire che l'impatto edonistico di un bene materiale o di un'esperienza diminuisce dopo che di quel bene si è già avuto un assaggio. Per questo segmentare e isolare l'esperienza del consumo può aiutare a sentirsi più felici".

4) Se la garanzia diventa un boomerang. Spesso presentate come le migliori amiche del cliente, queste forme di assicurazione contro gli acquisti sbagliati (in stile "soddisfatto o rimborsato" oppure "trenta giorni di prova") possono trasformarsi, secondo gli studiosi, in sanguisughe della felicità. La tesi è che gli esseri umani siano dotati per natura di un meccanismo di ridimensionamento dell'infelicità, per cui l'acquisto di garanzie estese e altre forme di rimborso della merce possa essere in realtà "una protezione emotiva non necessaria". "Molti consumatori  -  spiega  Wilson  -  sono disposti a pagare prezzi anche elevati pur di ridurre il rischio di pentirsi in futuro, ma diversi studi mostrano le falle di questo approccio". Sapere di poter cambiare un bene in qualsiasi momento, infatti, potrebbe minare alle basi il beneficio emotivo derivante dall'impegno di "fare un acquisto", collocando il consumatore in una dimensione iper-protetta simile a una bolla di sapone.

5) Dilatare il consumo nel tempo. Introducendo l'euristica del "compra ora, paga più tardi", le carte di credito hanno favorito una delle rivoluzioni più significative nella storia del nostro sistema economico. Eppure quel cambiamento, secondo Dunn e colleghi, danneggia in almeno due sensi il benessere dei consumatori. "Il primo, più scontato, è che può indirizzare verso comportamenti poco lungimiranti, come la tendenza ad accumulare debiti e a non mettere da parte nulla per la pensione", spiegano i ricercatori. L'altro senso, più sottile, si esplica a livello cerebrale. "E' un principio che elimina del tutto il meccanismo dell'anticipazione, che è una fonte di felicità gratuita", spiega Dunn. Numerosi studi, infatti, mostrano che spesso gran parte della felicità connessa a una spesa dipende del pensiero dell'esperienza futura, più che dal consumo in sé. Ciò che è vero per una vacanza  -  argomentano  -  vale anche per un concerto, una partita, un'ordine di libri. D'altronde, cullare il progetto di un viaggio non è forse parte del viaggio stesso?

6) La felicità è nei dettagli. Più che a un principio, il sesto punto somiglia a un monito: "Attenzione a non farsi abbagliare dai grandi acquisti e tenere sempre in mente i dettagli, ossia come un bene può influenzare a livello pratico la vita di tutti i giorni". Il riferimento, in questo caso, è agli acquisti più impegnativi, come auto, case, prodotti di lunga durata. "Molte volte i consumatori si aspettano che un singolo acquisto possa avere un impatto duraturo sulla loro felicità, per poi rendersi conto, miseramente, che non è così. Per evitare le brutte sorprese è importante avere sempre in mente la propria giornata-tipo e come il nuovo acquisto potrebbe nei fatti modificarla".

7) Apprendere l'arte della comparazione. Con il successo di siti come bitzrate. com, che al motto inquietante di "Cerca. Compra. Conquista" vanta la bellezza di 20 milioni di visitatori al mese, fare shopping ai tempi di internet può essere allo stesso tempo una croce e una delizia. Come al solito, la virtù sta nel mezzo, ossia nel saper comparare in maniera intelligente. "Il pericolo  -  spiegano gli autori  -  è quello di farsi sommergere dalle differenze tra un prodotto e l'altro, finendo per sovrastimare l'impatto edonistico dell'oggetto in sé". Sì dunque al "comparison shopping", ma senza pretendere di voler fare l'affare perfetto.

8) Fidarsi dei consigli altrui. L'ultimo principio, infine, torna sull'importanza degli altri e il consumo sociale. "Molto spesso le spese che possono farci più felici sono quelle che hanno fatto felici altri prima di noi", concludono Dunn e colleghi. Da questo punto di vista la rete è certo un patrimonio di risorse, ma mai quanto possono esserlo i consigli delle persone che ci vogliono bene e sanno, ad esempio, se stiamo comprando qualcosa per colmare un vuoto affettivo. In questo caso non c'è bene materiale che tenga, una chiacchierata con un buon amico varrà sempre di più.
(07 aprile 2011)


giovedì 14 aprile 2011

"Genitori Efficaci. Educare figli responsabili" - Thomas Gordon



Per consultare l'articolo completo clicca sul link in basso:

mercoledì 13 aprile 2011

Anoressia Nervosa - Parte 2


Di seguito posto un caso clinico tratto dalla letteratura, dal “DSM-IV-TR CASI CLINICI. Applicazioni cliniche del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” (Masson, 2006).



Quando Peggy fu valutata per la prima volta per l’ammissione ad un programma per i disturbi dell’alimentazione in regime di ricovero aveva 20 anni, era alta un metro e 60 e pesava solo 30 chili. Aveva cominciato a perdere peso 4 anni prima, inizialmente facendo una dieta per perdere 3 chili indesiderati. Incoraggiata dai complimenti che riceveva sul suo nuovo aspetto corporeo, continuò la dieta e perse ancora peso.
Nei due anni successivi continuò a perdere peso, aumentò l’attività fisica finchè il peso raggiunse un minimo di 28 chili e divenne amenorroica. Venne ricoverata in un reparto medico, trattata per un’ulcera peptica e dimessa, per essere nuovamente ricoverata tre mesi più tardi nel reparto psichiatrico di un ospedale generale. Durante le otto settimane di ricovero passò da 37 a 45 chili. Continuò a stare bene finchè non partì per frequentare l’università e, sotto la pressione di maggiori richieste accademiche e sociali, si rimise a dieta finchè non raggiunse un peso di soli 30 chili. Le sue abitudini alimentari erano ritualizzate: tagliava il cibo in pezzetti piccolissimi, li rigirava nel piatto e mangiava molto lentamente. Si tratteneva dal mangiare cibi ad elevato contenuto di grassi e carboidrati. Era preoccupata dei cambiamenti del suo corpo e divenne sempre più ansiosa mano a mano che la sua figura si sviluppava. Fu costretta a lasciare la scuola e ad accettare una nuova ospedalizzazione.
Peggy era motivata ad accondiscendere al trattamento, ma i suoi progressi erano influenzati dal timore di aumentare di peso e diventare obesa. Ci si attendeva che guadagnasse un minimo di un chilo a settimana ed era obbligata a rimanere a letto a riposo se non riusciva a raggiungere un peso sufficiente. Mediante la psicoterapia Peggy fu guidata gradualmente a discutere dei propri sentimenti e anche a guardarsi allo specchio”.

Il caso di Peggy, tratto dalla letteratura, mostra tutte le caratteristiche salienti dell’Anoressia Nervosa:
  • Rifiuto di mantenere un peso corporeo corrispondente o al di sopra del peso minimo normale per l’età e per l’altezza
  • Paura intensa di ingrassare, anche se oggettivamente sottopeso
  • Distorsioni nella percezione della propria immagine corporea
  • Amenorrea

L’Anoressia Nervosa è un disturbo grave e pericoloso per la vita; tuttavia, tramite una precoce diagnosi ed un trattamento adeguato e competente si possono ottenere degli ottimi risultati.

martedì 12 aprile 2011

La ricerca del brivido al volante!


La psicologia del traffico è quel particolare settore della psicologia applicata che focalizza la sua attenzione sui partecipanti del sistema traffico, attraversando innumerevoli ambiti di studio da quello della percezione sino a quello della personalità.

Ma chi è “lo psicologo del traffico” e cosa fa???

Sicuramente nel panorama italiano è una figura emergente, la quale, purtroppo, ancora non ho ottenuto un giusto riscontro.

L’indagine Istat ha rilevato in Italia, per l’anno 2008 ben 218.963 incidenti di cui 4364 mortali. Sono dati allarmanti che portano ad una riflessione. Cosa determina ed influenza la sicurezza alla guida?

Il tema di “sicurezza alla guida” nel panorama italiano non è ancora sufficientemente affrontato in un’ottica psicologica, ma il più delle volte in chiave normativa e quindi con un ottica punitiva. Diviene necessario approcciarsi a tale tematica in un ottica più prettamente psicologica al fine di comprendere quali siano i fattori che influenzino il comportamento del guidatore e cosa lo spinga a mettere in atto condotte pericolose.

Sarebbe utile approfondire come fattori, quali: la stanchezza, l’uso di alcool e/o sostanza psicotrope, ma anche caratteristiche di personalità ed influenze, competenze e fattori sociali, possano interferire con la guida sicura.
Cosa porta il guidatore a perdere il controllo fisicamente, cognitivamente ed emotivamente?

La psicologia del traffico, rispondendo primariamente a tale quesito, si pone come finalità quella di occuparsi della sicurezza stradale contrastando il fenomeno delle morti sulla strada e cercando di prevenire gli incidenti attraverso una “educazione stradale” che non sia solo ed unicamente didattica ed a carattere punitivo, ma al contrario cercando di sensibilizzare sul valore delle sicurezza e su come in esso possano intervenire numerosi variabili, prima tra tutte il cosi detto “Sensation Seeking”.

Il Sensation Seeking è ricondubile alla ricerca del rischio. Assumere il rischio, ovvero l’azione del Risk taking, significa indirizzarsi verso situazioni dall’esito incerto. Nel contesto particolare della guida e della psicologia viaria il concetto di Assumere il Rischio di collega strettamente alla “scelta di intraprendere volontariamente comportamenti potenzialmente dannosi e pericolosi”.

Il Sensation Seeking fu individuato da Zuckerman come un tratto di personalità definito dalla ricerca di sensazioni ed esperienze intense e dalla tendenza ad assumersi rischi per il puro piacere di queste esperienze. Esso conta al suo interno di quattro dimensioni specifiche: ricerca del brivido e dell’avventura, ricerca dell’esperienza, disinibizione e suscettibilità alla noia.

Numerose ricerche in ambito psicosociale hanno ben documentato come sia possibile riscontrare una relazione tra un alto tratto di Sensation Seeking e la guida pericolosa, l’alta impulsività e l’uso di droghe ed alcool prima di mettersi al volante.

Emerge quindi come alcuni fattori di personalità sembrino essere predittivi di future condotte a rischio quando si è alla guida. Ciò che porta il soggetto a violare le norme del codice della strada, all’alta velocità o all’assunzione di bevande alcoliche prima di mettersi alla guida è riconducibile ad un insieme di elementi quali: forte impulsività, aggressività, instabilità emotiva, ricerca di sensazioni forti ed inadeguata percezione del rischio.


Ed è proprio in tale ottica che diviene necessario attuare una prevenzione psicologica al fine di promuovere una guida sicura.

lunedì 11 aprile 2011

Qualche sito utile - Associazione Italiana per la Ricerca e l'Intervento nella Psicopatologia dell'Apprendimento

Al seguente link:




vi è il sito dell'Associazione Italiana per la Ricerca e l'Intervento nella Psicopatologia dell'Apprendimento.

L'AIDAI è un'organizzazione Onlus che si occupa di :
  • promuovere studi e ricerche nel settore della Psicopatologia dell'Apprendimento, quali: Dislessia, Disgrafia, Discalsulia, Deficit di attenzione ed iperattività,...
  • favorire la diffusione di informazioni, conoscenze scientifiche e tecniche tra coloro che si interessano di disturbi e difficoltà di apprendimento

Nel sito è possibile trovare materiale informativo e risorse, news, e centri clinici.


venerdì 8 aprile 2011

Notizie - Quant'è bello essere anziani il top della felicità ad 85 anni


Posto un articolo molto interessante tratto da Repubblica.it


Ricerche su larga scala condotte in Gran Bretagna e negli Stati Uniti rivelano che si è più contenti nella terza età. Ovviamente a patto di essere in buona salute e di avere una certa sicurezza economica e affettiva Articolo di ENRICO FRANCESCHINI

LONDRA - Il massimo della felicità? Dai settant'anni in su. Con il picco assoluto che si raggiunge, per l'esattezza, intorno all'ottantacinquesimo compleanno. Prima bisogna arrivarci, naturalmente. E, in secondo luogo, occorre arrivarci bene, sia come salute fisica che come situazione economica e affettiva. Ma nuovi studi in materia smentiscono l'opinione diffusa che la vecchiaia sia un'età triste e priva di stimoli: al contrario, rivelano ricerche su larga scala condotte in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, gli anni dopo la pensione possono risultare pieni di gratificazioni e soddisfazione, anche se in parte di tipo diverso dalle aspettative che uno aveva da giovane.

Lo afferma per esempio un nuovo libro, You're looking very well, di Lewis Wolpert, professore emerito di biologia alla University College London. "Dai miei dati emerge che le persone tendono ad essere relativamente felici negli anni dell'adolescenza e della giovinezza, ma questa sensazione declina progressivamente fino alla mezza età, probabilmente in connessione con le responsabilità che vengono dal mettere su famiglia e dalla carriera", afferma lo studioso.  "Ma poi, a partire all'incirca dai 45-50 anni, la gente tende a essere più ottimista e contenta, raggiungendo un massimo di serenità e pienezza nella tarda settantina o alla soglia degli ottant'anni".  Una recente ricerca, basata su un campione di 34 mila persone e pubblicata dalla National Academy of Sciences, indica che in generale il godimento della vita tende a calare lentamente durante l'età adulta. Tuttavia intorno ai cinquant'anni il fenomeno si inverte, con una sensazione di crescente benessere per il resto della vita che raggiunge il massimo all'età di 85 anni.

"Dobbiamo ricordare che le persone che oggi consideriamo anziane, diciamo coloro dai 65 anni ai 70 e oltre, sono assai diverse dagli anziani di una volta", osserva in proposito Andrew Stephens, docente di psicologia alla University College London. "Hanno più opportunità di un tempo, si prendono più cura della propria salute, conducono vite più attive. Ovviamente, una buona salute e un buon livello economico sono molto importanti per potere avere un'anzianità felice, insieme a relazioni affettive intense e sincere". 

Uno studio effettuato in Inghilterra su 10 mila uomini e donne conferma ciò che appare scontato: le persone con un buon reddito in età avanzata soffrono meno di depressione, hanno maggiori soddsfazioni e una migliore qualità della vita, sicché è chiaro che la sicurezza economica, insieme alla salute fisica, è un requisito essenziale per poter affermare che a 70-80 anni si può essere più felici che a 35 o 40. Si tratta anche, sostengono i ricercatori, di un diverso tipo di felicità: non si hanno più preoccupazioni o responsabilità dirette per i figli, non si pensa più alla carriera e si hanno minori aspettative. 

"Sono divorziata e per lungo tempo per me la felicità consisteva nel potermi risposare", racconta Maggie Atksinon, 71 anni, al Sunday Times, che ha dedicato un ampio servizio al tema. "Ma non mi sono mai più risposata. E adesso non è più un obiettivo o un desiderio. La felicità ora per me non è un matrimonio o una macchina più grande o un lavoro più prestigioso, bensì qualcosa che ha più a che fare con il controllare il mio destino e accettare chi sono".
(27 marzo 2011)


mercoledì 6 aprile 2011

L'Anoressia Nervosa - Parte 1


Cos'è l'anoressia nervosa?

L’anoressia Nervosa è annoverata dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – DSM-IV tra i disturbi dell’alimentazione.

L’esordio è spesso riconducibile durante l’adolescenza o la prima età adulta. Sebbene vi sia una maggiore prevalenza di soggetti di genere femminile, ultimi studio hanno evidenziato come anche il genere maschile sia affetto da tale disturbo.

Le manifestazioni essenziali dell’anoressia nervosa sono il rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale, l’intenso timore di acquistare peso, la presenza di una alterazione dell’immagine corporea per ciò che riguarda forme e dimensioni corporee.

Volendo approfondire meglio, emerge come il soggetto anoressico manifesta un forte rifiuto a mantenere il proprio peso corporeo al di sopra o comunque uguale al peso minimo normale per l’età e la statura.

Paradossalmente l’anoressico perde peso ed ha contemporaneamente paura  di divenire grasso, pur essendo sottopeso norma.

La perdita di peso, solitamente, è ottenuta tramite la riduzione della quantità di cibo assunta ed a volte anche tramite le cosi dette “condotte di eliminazione”, tra cui per esempio il vomito autoindotto, l’uso eccessivo ed inappropriato di lassativi e diuretici o l’attività fisica eccessiva ed inappropriata.

La seconda caratteristica essenziale dell’anoressia è, appunto, la paura di divenire grassi. Tale paura di solito aumenta parallelamente alla perdita reale di peso.

È presente, infine, una alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o un eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima. La percezione ed il valore attribuiti all’aspetto fisico ed al peso corporeo sono infatti distorti.

Il soggetto anoressico ha paura di ingrassare, non si sente mai magro abbastanza e sebbene possa in alcune circostanze ammettere la propria magrezza, vede comunque qualche parte del proprio corpo come “troppo grassa”.
L’ingrassare è vissuto come una forte perdita del controllo, cosa che il soggetto anoressico non può assolutamente accettare; al contrario il perdere peso è vissuto come un atto di forte disciplina che conseguentemente rafforza l’autostima stessa.

A volte risulta difficile, per familiari ed amici, identificare la patologia in quanto il soggetto anoressico tende a nascondere il suo comportamento per evitare la disapprovazione degli altri; inoltre non avendo consapevolezza della sua patologia tende a negarla a se stesso ed agli altri. Tutto ciò ha come primaria conseguenza che la diagnosi avviene anche molto tempo dopo dell’esordio della patologia.

Concludo sottolineando come l’Anoressia Nervosa sia una grave disturbo alimentare che richiede un trattamento specializzato da parte di psicologi e medici.

lunedì 4 aprile 2011

Qualche sito utile - Associazione Italiana Disturbi Attenzione ed Iperattività

Al seguente link:



vi è il sito dell'Associazione Italiana Disturbi Attenzione ed Iperattività.

L'AIDAI è un'organizzazione costituita da operatori clinici e personale scolastico coinvolti nello studio, nella prevenzione e nel trattamento del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività.

Nel sito è possibile trovare materiale informativo e risorse, news, nonchè indicazioni sui professionisti e sui centri clinici, divisi per regione, che forniscono consulenze, diagnosi e terapia.

Buona navigazione!
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